Epatite C, cura innovativa per 310 pavesi
Più che raddoppiati i fondi messi a disposizione dalla Regione. Già arrivati 22 milioni di euro per le terapie
Trecentodieci malati gravi di Epatite C curati al San Matteo con i nuovi superfarmaci che garantiscono la guarigione in nove casi su 10 e hanno meno effetti collaterali delle terapie tradizionali: sono 100 in più di quanto previsto a inizio anno.
L’epatite C viene trasmessa col sangue, il boom era stato con la diffusione dell’eroina e prima che le trasfusioni fossero così controllate. I farmaci – che costano dai 40 ai 70mila euro a ciclo – si possono somministrare solo ai pazienti agli ultimi due stadi della malattia proprio per i costi elevati. «Non abbiamo negato la terapia a nessuno di quelli che ne avevano bisogno secondo le indicazioni approvate – spiega Gaetano Filice, primario di malattie infettive e tropicali – Avevamo un budget di 8 milioni di euro, ma ne abbiamo spesi 22 milioni per garantire la cura a tutti. Per questo bisogna ringraziare il San Matteo che si è assunto questa responsabilità, come Irccs e unico centro prescrittore in provincia, e la Regione, che ha anticipato i soldi aumentando il budget da circa 100 a 240 milioni, in attesa di ricevere i rimborsi dallo Stato». Nel dipartimento di Malattie infettive del S. Matteo vengono seguiti 2500 pazienti con epatite, il 90% affetti dalla C. «Si stima che in Lombardia i malati possano essere più di 150mila – spiega Raffaele Bruno, professore associato di Malattie infettive dell’università di Pavia e segretario dell’Associazione italiana studio del fegato che ha contribuito a stilare le linee di indirizzo per i nuovi farmaci – e 37.589 i pazienti potenzialmente eleggibili a terapia. Pavia con la Val Camonica ha l’incidenza maggiore. Ma se mi ammalo oggi, la malattia conclamata arriva dopo 10 anni: per questo l’Aifa ha deciso di trattare prima i pazienti che ne avevano maggiormente bisogno». È circa 70mila euro a paziente il costo della cura a Pavia per ogni paziente, più tutti gli esami:
«Ma i dati – spiega Filice – a due mesi dalla terapia su circa 200 pazienti dicono che nel 92% dei casi il virus non è più rintracciabile. E i primi pazienti, rivalutati a sei mesi, lo confermano». In più, spiega l’infettivologo, "«tutti i processi infettivi regrediscono e si blocca l’evoluzione verso la cirrosi". O lo scompenso epatico, che significava morte in 4 o 5 anni. I farmaci nuovi possono essere rimborsati solo ai pazienti di livello più grave, non è possibile comprarlo al di fuori delle indicazioni: «Ma esauriti i casi più gravi, – dice Filice – prevediamo si potrà passare agli altri».
(La provincia pavese) di Anna Ghezzi